Daniele Giustat

On my art

L'opera è
la vibrazione mentale
di quello che vedo

Bio Lavori News Contatti

Esplora

SYNAPSIS

Le impressioni di una qualsiasi figura sono impulsi elettrici che l'occhio riceve dalla realtà oggettiva grazie alla presenza di luce. Questi colori, forme, dimensioni, proporzioni sono il frutto della rielaborazione di un segnale elettrico. Incanalato nella pupilla, viene sezionato ed infine interpretato. Oltre alla compresenza degli altri quattro sensi, il cervello riceve il segnale visivo suddividendo l'insieme del visibile. Quando guardiamo un oggetto, l'insieme si frammenta in molteplici particolari, in molteplici punti, considerati per differenza: una zona sarà più scura perché ne avrà una chiara accanto, un oggetto sarà più o meno lontano da qualcosa, più alto/più basso etc. Il movimento e la costante ricerca di quei molteplici particolari annullano la stratificazione, rendono nullo quel complesso processo che ci ha permesso di vedere, lo rendono fluido per cui non analizzabile singolarmente. Quello su cui ruota questa tecnica artistica è l'enfatizzare la frammentazione dell'immagine, il cristallizzare l'immagine nel momento, uno, in cui si guarda. Il guardare ricorda un filtro per liquidi, in forma di elettricità, di luce. Vediamo, perché il segnale passa di ricettore in ricettore, si prolunga l'informazione attraverso la sua ramificazione. Due punti, identificati da chiodi o viti, legati da un filo. Due neuroni che comunicano attraverso il nervo. Il filo, attorcigliato intorno al punto, lo avvolge e continua il suo percorso fin dove riuscirà a trasportare il senso, il significato. Inizialmente legato alla linea di contorno, o meglio, come sua proiezione, identifica e delimita lo spazio della comunicazione.

In principio, era "da un'idea ad un'immagine; da un'immagine ad un telaio, ai suoi punti nevralgici", ma sono trascorsi 10 anni e quei punti sono cresciuti, si sono staccati, si sono protesi verso l'esterno, verso lo spettatore. Sto prendendo in considerazione la stratificazione in una dimensione aggiuntiva, la linea di contorno si è staccata dalla radice. Il filo ha acquistato rilevanza, riflette la luce creando ulteriori livelli d'ombra. L'ombra, quella che inizialmente rimaneva, anch'essa, attaccata alla base, ora si muove, costituendo un reticolo autonomo: vincolato all'oggetto d'origine sotanto da un rapporto di causa-effetto. Sto utilizzando il punto singolo, il cosiddetto neurone dormiente, che non crea reticolo, ma semplicemente stà. Un altro livello nasce dalla stratificazione interna del contenitore immagine. Il neurone dormiente, nel caso in cui si annulli completamente la profondità prende il nome di neurone zero: non costituisce comunicazione, possiede la capacità di dialogo solo con lo spettatore, non con i suoi simili; è il capolinea, nel senso di inizio e di fine, contemporaneamente. Nell'estrudersi, l'elemento portante ha trascinato il colore e lo ha comunicato. Da qui, quella che io chiamo la fase della "fioritura". Può capitare che gli strati non abbiano la stessa colorazione, che il messaggio venga interpretato e che quindi non coincida con la sorgente, ma è un ulteriore livello di approfondimento cognitivo, di relazione, tra idee, concetti, formule. Lo spazio evidenziato si forma nel "sottosuolo", si attorciglia nell'aria, tra l'aria, per sbocciare, ramificandosi, come una parola sussurata nel vento catturata da una rete da pesca. (2015)

Notizie


ultime news