Daniele Giustat

Bio

"I ciò 's piantan nen cun 'l brass dur"

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Bio

Nato in Torino il 10 novembre 1982.
Trascorro l’infanzia tra Settimo Torinese, una piccola cittadina nella prima cintura nord del capoluogo, e, durante quelle lunghe pause estive chiamate vacanze, Castellino Tanaro, un ameno paesino immerso nelle Langhe; oltre alla Natura, lo svago principale è costituito da una piccola bottega di falegnameria: sotto un enorme pino, costruisco oggetti semplici in legno (ho sempre sognato di costruire una scacchiera).
A quel periodo, tra gli 8 e 9 anni, risale il mio primo utilizzo di chiodi in un modo differente dal solito.
Terminate le scuole medie, con ottimi voti, mi trasferisco a Rivarolo Canavese, un paese ai piedi del Gran Paradiso, dove frequento il liceo scientifico Aldo Moro. Durante il quarto anno, una gita-laboratorio si rivela per essere la prima scintilla nel fantastico mondo dell’arte: modello in gesso un mini televisore-zoo con tigri ed elefanti di plastica all’interno. Scrivo molto.
Conseguito il diploma (65/100, il minimo indispensabile), nel 2001, mi iscrivo all’Università degli Studi di Torino, corso di laure in “Scienze della Comunicazione”, trasferendomi a vivere, da studente, in città: scopro che oltre alle montagne esistono gli esseri umani.
Da un iniziale slancio verso la pubblicità e la grafica, dirigo il corso di studi verso il cinema: l’immagine, in movimento.
Nel 2006, ottengo la laurea di primo livello con una tesi di ambito semiotico su “Paths of Glory” di Stanley Kubrick (gli scacchi). Pochi mesi dopo, mi iscrivo ad un master di “Editing e scrittura di prodotti audiovisivi”: l’immagine in movimento si intreccia con un altro canale che mi accompagna, la scrittura.
Il primo quadro è del 2005 e si inserisce in un periodo vario, pieno di impegni differenti: come un pensiero strutturato in diversi fiumi, da unica sorgente. Un giorno, la diga si rompe e prende forma questo linguaggio che chiamo “Delle Sinapsi”: 2 chiodi o 2 viti ed un filo a stabilirne il contatto, il dialogo.
Questa, l’origine, lo scheletro teorico. Uscito dal piano, si livella e modula nello spazio, per poi rivolgersi in direzione diametralmente opposta, verso l’interno.
Una teoria di base che si modella su e con il significato che vuole tradurre nella specifica situazione.
Dal 2015, ho uno spazio che utilizzo come laboratorio, galleria e studio: yeah!

Lateralus
Il Sibilo di Dio
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